L'esistenza del mondo è inseparabilmente connessa con l'infelicità
Derivante dal perenne trasmigrare delle anime. Il problema è la liberazione dal dolore
L'ultima volta che sono rinato
L'eremita Asita s'è inchinato
Al beato così bene andato
Ero completamente illuminato
I sacerdoti mi fissavano nel cesto
E ognuno benediva con un gesto
Mentre mio padre gli chiedeva questo:
Mio figlio sarà principe o maestro?
Io concepito senza impuri atti
Chiuso tra sti palazzi così alti
Il mio destino era insegnare agli altri
E così appresi le diciotto arti
E negli occhi di papà vibrava la paura
Quando gli dissi "Voglio uscire fuori dalle mura"
Sapeva che era il compimento di una profezia
E non sarei stato più l'erede al trono dei Sakya
Così andai via, eh
Lascio Yashodara tentato da Mara, il demone mostra la sua potenza
Cerca invano la mia debolezza e mi offre una ricchezza che è solo apparenza
La verità sta dalla parte opposta di chi vive sazio d'ozio e d'opulenza
Non c'è tesoro ne comodità che mi libererà da questa sofferenza
Poi quel giorno vidi un vecchio
Che camminava stanco con un secchio
La pelle raggrinzita e l'occhio secco
Capì qualcosa, presta orecchio:
"C'è una parte di infinito nella finitezza delle nostre spoglie
Un'anima che resta eterna e un corpo che si decompone come foglie"
Poi da un lato vidi un malato
Poi vidi un morto e mi fu confermato
Il destino è inevitabile e spietato
E l'essere umano nasce condannato
E vidi un monaco, concentrato, assorto nella sua meditazione
Capii che quella era la strada che da sto Samsara porta all'illuminazione
Capii che quella era la strada che da sto Samsara porta all'illuminazione
Capii che quella era la strada che da sto Samsara porta all'illuminazione
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